Una risorsa che non finisce: la cura delle acque nei secoli della decadenza dopo la fine dell’impero romano

Con la fine dell’impero romano, nonostante le difficoltà economiche ne avessero decretato la decadenza, l’insediamento termale non cessò di vivere, anzi continuò ad essere frequentato non più per moda e godimento ma perché alle acque, anche con l’avvento del Cristianesimo, si continuava a riconoscere proprietà benefiche e curative.

 

All’inizio del VI sec. d.C. Cassiodoro, segretario del re Teodorico, scriveva all’architetto padovano Aloisio per denunciare il degrado in cui versavano le strutture e per sollecitarne il pronto restauro.

Negli stessi anni anche il vescovo di Pavia Ennodio ricordava in una lettera ad un amico il suo soggiorno a Padova e le buone cure prestategli presso i bagni di Apono.

 

Segue una fase di silenzio nelle fonti dovuta soprattutto alle invasioni barbariche ma anche ad eventi climatici ed idrografici eccezionali; la vita ben presto si riorganizza in una serie di villaggi presenti anche nell’area termale euganea: nei documenti medievali sono citati Abano, dal nome dell’antico Dio delle acque; S.Pietro Montagnon, il luogo del Santuario protostorico dei veneti e Montigroto o Mons Aegrotorum, come riferiscono le fonti, cioè il “monte degli ammalati”, con un significativo richiamo ancora una volta alle proprietà curative e benefiche dell’acqua degli Euganei.

 

Testo a cura della Prof.ssa Paola Zanovello, Dipartimento di Scienze dell’Antichità, Università degli Studi di Padova

 

 

 

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